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Il coraggio di fermarsi... ad ascoltare

Il coraggio di fermarsi ad ascoltare

Corriamo indaffarati per cercare di portare a termine tutte le attività giornaliere, richiedendo al corpo e alla mente un notevole impegno. Alla sera, magari dopo che i figli sono entrati nel mondo dei sogni, ci lasciamo andare esausti sul divano o direttamente sul letto.
Immaginate la scena e come colonna sonora aggiungete un bel sospiro. Ecco, proprio il sospiro dovrebbe aiutarci a riflettere perché è il segnale che finalmente “prendiamo fiato”. E questo accade intorno alle 22, se va' bene. Non è un po' troppo tardi? Se ci siamo alzati alle 7 del mattino, prendere fiato dopo 15 ore è sicuramente eccessivo. Significa che siamo stati in attività e tensione per tutto questo tempo.
Se giorno dopo giorno ci lasciamo trasportare da questo ritmo, accumuliamo molta fatica e stanchezza fisica e mentale, ma soprattutto allontaniamo sempre più la possibilità di rilassarci.

Vediamo questo meccanismo da un altro punto di vista, quello muscolare.
Un muscolo rilassato e inattivo è solitamente disteso e carico di energia. Quando gli chiediamo di compiere un'azione questo si contrae e si accorcia, indurendosi. Così facendo il muscolo si scarica, consumando energia. A questo punto, perché si distenda, pronto a compiere una nuova azione, è necessario che le sue cellule producano nuova energia. Questa energia viene generata proprio dall'introduzione di ossigeno e quindi dalla respirazione. Ma se, come nell'esempio sopra riportato, noi non respiriamo a sufficienza, aspettando le 22 per “prendere fiato”, cosa accade?
Accade che il muscolo produrrà scarsa energia e rimarrà sempre in leggera contrazione. Avete presente la sensazione di avere i muscoli leggermente induriti senza che abbiate compiuto grandi sforzi? Oppure quando al mattino ci si sveglia con i muscoli indolenziti?

Prendiamo un respiro profondo anche ora, perché leggere quanto appena descritto richiama quelle sensazioni e ci porta, inconsciamente, a limitare la respirazione.

Ma torniamo allo stress e alle remote possibilità di rilassamento. Cerchiamo di trasportare il concetto anche oltre i muscoli e il corpo fisico. Il circolo vizioso sopra descritto può essere perfettamente applicato anche all'ambito delle relazioni. Avete presente l'espressione “tirare troppo la corda”? Cosa succede se compiamo questa azione? Prima o poi la corda si spezza e la relazione si interrompe. E cosa accade quando “tiriamo troppo la corda” con i nostri figli? La relazione certo non si interromperà però potrebbe spezzarsi qualcosa in loro.
Un esempio chiaro è quello che ci presenta l'agitazione e l'irrequietezza del bambino quando è stanco. Credo che tutti abbiate vissuto questa esperienza. Quando è stanco il bambino, anziché calmarsi, si agita fino a che un adulto non riuscirà a placarlo e, a quel punto, il bimbo “crollerà” dal sonno. Ma se l'adulto è a sua volta stanco, forse avrà meno pazienza, quindi tenderà, sbrigativamente, a sgridare il bambino o, nei casi peggiori, potrebbe anche percuoterlo. A quel punto il bambino scoppierà in un pianto capace di produrre l'energia sufficiente per creare rilassamento. (L'azione del pianto, infatti, fa' sì che il bambino inspiri maggiormente, portando una maggior quantità di ossigeno nel corpo). Ma la stanchezza dell'adulto può essere tale da rendergli insopportabile il pianto del bambino, ecco quindi ulteriori rimproveri per bloccare il pianto del bambino. Immaginiamo che questi rimproveri ottengano l'effetto desiderato. Il bambino tratterrà nel corpo una grande tensione muscolare non scaricata (stress) e per di più “imparerà” che scaricarsi (rilassarsi) non va' bene, perché crea fastidio nelle altre persone. Direi che oltre al blocco fisico si crea un blocco emotivo, non credete?

E quindi, cosa possiamo fare per noi stessi, prima ancora che per i nostri figli e per gli altri?

Possiamo fermarci a respirare!!!

Ci vuole coraggio per dire a noi stessi “STOP”. Perché appena ci fermeremo emergeranno con un frastuono quasi assordante tutte le tensioni, i fastidi, i disagi fisici, mentali e emotivi che abbiamo accumulato nel tempo. E proprio in quei momenti, anziché tenderci nuovamente, come potrebbe sembrare sensato, dobbiamo respirare ancor più tranquillamente, lasciandoci andare a ciò che emerge, ascoltando semplicemente. Avendo fiducia nel fatto che, comunque, tutto ciò che sta emergendo è “farina del nostro sacco”. In altre parole, tutto ciò che potremmo sentire quando ci fermiamo sono solo sensazioni e emozioni che abbiamo provato nel passato ma che, nel momento in cui nascevano, non abbiamo ascoltato e che si sono accumulate.

Quindi, in conclusione, è meglio concedersi il più frequentemente possibile dei respiri ampi e profondi, dei respiri che ci aiutino a fermarci, o per lo meno a rallentare, per qualche secondo, così che il corpo e la mente possano rilassarsi, scrollandosi di dosso pesi inutili, senza bisogno di arrivare alle 22 per “tirare il fiato”.

Buon respiro a tutti

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